Lasciar andare: cos’è l’impermanenza e come ci aiuta

Lasciar andare cos'è l'impermanenza e come ci aiuta

In questo articolo parliamo di:

Che cosa significa nella vita quotidiana “lasciar andare”, e perché è così importante? L’arte di lasciar andare è una attitudine da coltivare assolutamente per la nostra felicità, ma come fare? Come imparare a non aggrapparci con troppa forza a situazioni, persone, idee?

Cos’è l’impermanenza

Per capire perché è importante per la nostra felicità “lasciar andare” e per capire come fare ad imparare quest’arte, è fondamentale capire che cos’è l’impermanenza e fare proprio questo concetto. Nella filosofia buddhista si parla molto di impermanenza, cioè di come tutti i fenomeni non siano eterni e fissi, solidi come li percepiamo, ma cambino continuamente, sono in costante trasformazione.

“Ogni cosa esistente è impermanente.
Quando si comincia a osservare ciò,
con comprensione profonda e diretta esperienza,
allora ci si mantiene distaccati dalla sofferenza:
questo è il cammino della purificazione.”

Budda,
Dhammapada, XX (277)

Nulla dura per sempre, tutto si trasforma, la vita finisce, il tempo passa, le situazioni cambiano, anche i nostri pensieri e le nostre sensazioni cambiano continuamente.

E’ proprio nella riluttanza che abbiamo ad accettare il cambiamento che risiede spesso la nostra sofferenza.

In genere quando sperimentiamo qualcosa di bello, vorremmo che durasse per sempre ed abbiamo paura del cambiamento. Invece quando viviamo qualcosa di brutto, vorremmo che cambiasse in fretta ed abbiamo paura che durerà per sempre.

Secondo il buddhismo, una delle cause principali della sofferenza è l’ignoranza di vedere le cose come permanenti, credere e desiderare che durino per sempre, quando invece sono impermanenti.

L’inganno più grande che portiamo avanti nella nostra vita è interfacciarci con il mondo pensando che le cose siano permanenti, senza imparare il lasciar andare.

Facciamo un esempio molto semplice. Sarà capitato a tutti di conoscere una persona, parlare con lei, approfondire la conoscenza, scambiare pareri ed opinioni e magari trovarci in sintonia con lei.
Magari dopo qualche tempo re-incontriamo questa persona, ci parliamo, e scopro che è cambiata, non ha le stesse idee di quando l’ho conosciuta. Così ci rimando male. In realtà il fatto che la persona sia cambiata, è del tutto naturale. Ma noi rimaniamo male.

L’impermanenza dei fenomeni ha anche però un aspetto positivo: sappiamo che nemmeno la sofferenza durerà per sempre, e questo è consolante e positivo. Quando stiamo passando un brutto periodo, possiamo stare certi che le cose cambieranno, prima o poi.

Un altro aspetto importante dell’impermanenza è che se siamo consapevoli a fondo del fatto che tutto è impermanete, riusciamo a gioire al 100% di quello che abbiamo ora, perché la vita è ora, e domani non si sa. Questo potrebbe essere il momento più bello della nostra vita, qui e ora.

Lasciar andare

Più ci addestriamo nell’arte del lasciare andare, più diventeremo flessibili, meno ancorati ad idee e situazioni fisse, e più saremo sereni nell’affrontare l’inevitabile continuo cambiamento che ci circonda.

La fonte della nostra sofferenza è anche proiettare troppo carico emotivo su situazioni che inevitabilmente non possiamo controllare.

C’è un grande senso di liberazione nel lasciar andare, nell’accettare il flusso delle cose, nel non attaccarci ed aggrapparci a situazioni, pensieri, emozioni.

Spesso ci aggrappiamo al fatto che abbiamo ragione, che come la pensiamo noi è il modo di pensare giusto. Possiamo invece addestrarci a pensare: “Ok, io la penso così, ma è solo la mia visione, lascio spazio anche ad altro, non mi aggrappo per forza alla mia convinzione. La stringo con minor forza.”

Voler avere tutto sotto controllo è fonte di grande ansia e sofferenza. Ad esempio pensiamo a quando facciamo dei programmi per la domenica. Capita che programmiamo una gita, un incontro, stabiliamo orari e luoghi. Magari questi programmi vanno in fumo, perché piove, perché gli amici danno buca, perché si rompe la macchina, ecc.
Se ho imparato ad essere flessibile, ad accettare che le cose non sono andate come prevedevo e lascio andare, non rimarrò male perché i miei programmi sono andati in fumo. Magari mi godrò la giornata in casa con una bella lettura o imparando a fare una torta, in perfetta serenità

Chi sono io per pretendere che le cose vadano come io voglio?
Chi sono io per dire che quello che penso sia l’unica verità?
E’ importante imparare ad essere umili nei confronti dell’interdipendenza, ad accettare che tutto scorre, imparare ad adattarsi a questo scorrere senza creare barriere.

Lasciar andare vuol dire essere passivi?

Imparare ad accettare e a lasciare andare non significa essere passivi di fronte alla vita. Tutto il contrario.

Significa impegnarsi al massimo per creare le condizioni perché succeda qualcosa, mettere tutto il proprio impegno, il proprio lavoro, ma essere consapevoli che non tutto dipende da me, quindi accettare che qualcosa può andare storto, che non sempre si ottiene quello che si vuole.

L’atteggiamento da evitare è quello di chiedersi con insistenza “Perché le cose non sono andate così o cosà? Perché è successo questo o quello?” e costruire mille elucubrazioni su un avvenimento. Questo atteggiamento è del tutto inutile e contro producente.

L’atteggiamento giusto è accettare quello che è, fare del proprio meglio per cambiare ciò che non piace, ma senza aspettarsi che le cose cambiano quando e come voglio io. L’unica certezza che possiamo avere è sull’impegno che mettiamo nelle cose, ma non sul risultato.

E’ importante mettere energia nella soluzione, non nel problema. Non perdere tempo a creare aspettative, fare programmi rigidi, porre condizioni che non sappiamo se si possono avverare o meno. Imparare a vivere senza fare continuamente un tiro alla fune con la vita e con gli altri.

Il non attaccamento

E’ importante imparare a lasciar andare e imparare a non attaccarsi a diversi aspetti della vita.

Non attaccarsi all’immagine che si ha di sé stessi

Tutti ci mettiamo da soli delle etichette: “sono pigro”, “sono sportivo”, “sono negato per la pittura”, “sono altruista”, “sono egoista”, ecc. Ma perché devo per forza essere così? Chi l’ha stabilito? Da quando sono nato, sono la stessa persona? No!

Ho imparato delle cose nella vita? Posso impararne delle altre? Ho dei difetti? Li accetto e lavoro per cambiarli, non sono permanenti. Ci sono delle qualità a cui aspiro? Lavoro per coltivarle, per allenarmi a farle crescere.

E’ importante imparare a lasciar andare l’immagine che ho di me stesso, a renderla più flessibile, a darmi spazio per evolvermi, cambiare, accettare come sono e come vorrei essere, riconoscere che sono in continuo cambiamento.

Non attaccarsi all’immagine che si ha degli altri

Mettiamo delle etichette anche agli altri: “quella persona è antipatica”, “quell’altra è cattiva”, “quella è buona”, ecc

E’ mai successo di conoscere una persona che ci pareva in un modo e poi si è rivelata in modo diverso? Sia in negativo che in positivo? Abbiamo mai re-incontrato dopo anni una persona e ci sembrava diversa? Con altre idee, con altri atteggiamenti? Perché rimaniamo male se le persone cambiano? Cambiamo noi e cambiano le persone, perché rimaniamo male?

Questo è un esempio di quello che facciamo: ho un amico, che per me è prezioso, a cui tengo. So come la pensa, ci conosciamo bene, abbiamo più o meno gli stessi gusti, le stesse idee ecc.
Un giorno quel mio amico inizia ad interessarsi ad un hobby, impara delle cose ecc. E si allontana da me, sviluppa altri interessi, ecc. E io rimango male. Il mio amico magari inizia a pensarla in modo diverso da me.

Io che cosa faccio? Do la colpa all’amico: “Ecco non sei più quello di una volta…” Ma è naturale il cambiamento! E l’amicizia cos’è? Ti considero mio amico fintanto che la pensi come me? (ma questo è un altro discorso…)

Per stare bene è importante imparare a lasciar andare l’immagine che ho degli altri, dei miei amici, dei miei famigliari. Permettere loro il cambiamento, non aggrapparmi al fatto che devono rimanere uguali a come erano. Imparare ad essere consapevole che ogni giorno, ogni minuto, le persone cambiano.

Non attaccarsi alle situazioni

Quante volte abbiamo pensato che una cosa andasse in un modo ed invece è andata in un altro? Quante volte facciamo mille pensieri, programmi, ci creiamo aspettative, e poi tutto si rivela diverso da come lo avevamo immaginato?

Imparare a lasciar andare programmi e situazioni ci permette di vivere la vita con minore ansia. Un situazione è come ce l’eravamo aspettata? Bene! Non è come ce l’eravamo aspettata? Bene lo stesso! Traggo il meglio dalla situazione che sto vivendo, senza aggrapparmi all’idea che avevo di come doveva essere.

Non attaccarsi alle proprie idee

Ho le stesse idee di 10 anni fa? Ho le stesse emozioni? Ho le stesse emozioni di ieri? O di un minuto fa?

Facciamo un esempio. Da piccola io odiavo le verdure, tipo i broccoletti, non li volevo mangiare. E’ capitato un giorno che potevo mangiare solo broccoletti, c’era solo quello.

Mi hanno chiesto come andava il pasto, e ho detto “bha mangio broccoletti…insomma non sono molto contenta.” Ma in realtà in quel momento i broccoletti mi stavano piacendo! Però nella mia mente ero fissata con “A me non piacciono i broccoletti”. Ero così attaccata all’idea di me stessa come una a cui non piacciono le verdure, che faticavo ad ammettere che i broccoletti mi piacevano.

E’ bellissimo imparare a lasciar andare le proprie idee, essere più aperti, concederci di cambiare idea, di cambiare convinzioni, essere flessibili nel pensare. Dà un grande senso di liberazione e di serenità.

Lasciare andare è essere liberi

Capire e accettare l’impermanenza e imparare a lasciare andare significa perdere meno tempo in elucubrazioni inutili, perdere meno tempo a preoccuparci di situazioni che magari mai si verificheranno, spendere meno energie nell’occuparci di non far cambiare qualcosa, quando è il suo normale corso che cambi.

Ci sforziamo in tutti i modi per cercare di cambiare il mondo che ci circonda, le persone, le situazioni, il nostro status sociale, perché corrisponda alla nostro idea di come dovrebbe essere, invece di spendere tempo ad allenare la nostra mente ad accettare quello che succede con serenità e positività. E a ringraziare per quello che arriva, sviluppare un senso di fiducia nel futuro e di gratitudine per quello che ci è arrivato e arriverà.

Per imparare a lasciar andare è molto importante la meditazione. Ci sono apposite tecniche di meditazione per lasciare andare, che ci aiutano a vivere profondamente l’impermanenza e a sviluppare non attaccamento verso le situazioni, il proprio ego, le altre persone. Leggi anche: Cos’è la meditazione

Anche le nostre sensazioni sono impermanenti, anche le emozioni con cui carichiamo gli accadimenti della nostra vita. Sono impermanenti, per cui passano, non dobbiamo dare loro troppa importanza.

Anche il passato è impermanente: il passato non è altro che il ricordo che abbiamo di quello che è successo. Posso vivere bene o male un ricordo, e questo influenza il mio presente, le mie azioni, e il mio futuro.

Pensiamo ad esempio ad un trauma infantile, quanto influenza la nostra vita. Anche per questo si va dallo psicologo, per elaborare in modo diverso il passato, per cambiare il modo di vedere gli accadimenti, per elaborarli. Cambia il mio modo di vedere le cose che sono successe, in base al valore che gli do.

Imparare a lasciare andare il passato è importantissimo per la nostra felicità.

Se mi è successo qualcosa di doloroso nella giornata, un litigio, ecc, posso ripensare all’evento in modo diverso, con calma, riconsiderare gli eventi, e così cambiare il mio stato d’animo su quello. Quante cose, viste col senno di poi, avremmo vissuto in modo diverso?

Le nostre immagini mentali

Razionalmente tutti sanno che le cose cambiano costantemente. Ma perché allora soffriamo quando le cose cambiano?

Perché ci interfacciamo con il mondo tramite le nostre immagini mentali. Gli oggetti attorno a noi cambiano, le persone cambiano, le situazioni cambiano, ma le nostre immagini mentali che abbiamo creato su di essi, no.

Se osserviamo un fiore, vediamo il cambiamento? No. Sappiamo che il fiore cambia? Si. Ma noi abbiamo dentro di noi una immagine mentale del fiore, che è permanente, non cambia, non si evolve.

Ci interfacciamo anche con le persone tramite le immagini mentali che ci siamo costruiti di loro. E quando ci rendiamo conto che le cose o le persone non corrispondono più all’immagine mentale che ho di esse, dò la colpa alle cose o alle persone, e rimango male.

E qui entra in gioco la consapevolezza: quando agisco con la consapevolezza che mi sto interfacciando con il mondo attraverso una mia immagine mentale, riesco ad agire diversamente, a non attaccarmi alla mia immagine mentale, a lasciar andare, senza rimanere male verso l’oggetto o la persona.

La morte e il lasciar andare

Essere consapevoli dell’impermanenza significa essere veramente consapevoli che prima o poi dobbiamo fare i conti con la morte. L’aspetto che più ci colpisce nella nostra vita riguardo all’impermanenza è la morte, il fatto che prima o poi moriremo e le altre persone prima o poi moriranno.

Ma non viviamo consapevoli che prima o poi dobbiamo morire, e non sappiamo quando. Viviamo come dovessimo non morire mai, e come se le persone accanto a non non dovessero morire mai.

Ma se pensiamo realmente al fatto che noi stessi e gli altri siamo impermanenti, forse vivremmo più appieno le nostre giornate, ci sforzeremmo di capire gli altri, di andare d’accordo con loro, gli diremmo che gli vogliamo bene. Guarderemmo alle persone gioendo perché ora ci sono, perché domani non si sa.

Chiudo citando ancora una volta le parole del Buddha, e sperando che questo articolo vi sia stato in qualche modo utile.

“Meditatori, a colui che percepisce l’impermanenza si manifesta chiaramente la percezione della inconsistenza e mancanza di un io.
E in chi percepisce questa inconsistenza, l’egoismo viene distrutto.
E, come risultato, ottiene la liberazione persino in questa stessa vita.
La comprensione di anicca conduce automaticamente alla comprensione di anatta e dukkha, chiunque realizzi questi fatti si trova naturalmente sul cammino che conduce fuori dalla sofferenza.”

Buddha
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4 risposte

  1. Perché prenderep per scontato che ci sia “il dolore” e che rimaniamo “attaccati”.?? Penso invece che noi cresciamo sempre non rinunciando a tutto ma confrontandoci con la realtà sul filo del pensiero filosofico nietzsciano

    1. Il dolore fa parte della vita, prima o poi c’è, è una realtà. Rimanerci attaccati significa rimuginare su di esso, non andare oltre, non elaborarlo, non imparare nulla. Lasciar andare è infatti proprio confrontarsi con la realtà.

      1. Velo dopo velo cadrà ma velo dopo velo si troverà. Non è importante capire che cos’è l’infinito teatro della vita e cosa siamo noi umani prima della nascita e dopo la morte. Nel prima della nascita e nel dopo la morte e anche nell’infinito teatro della VITA non è importante il che cos’è ma il che cosa fa . . . infatti in questi livelli di esistenza TUTTO RISPONDE AL PRINCIPIO DEL “SEI CIÒ CHE FAI”. E cosa fa tutto nel post – morte e nel pre – vita? E cosa fa l’infinito teatro della vita? FLUISCE. Quando si capisce tutto questo si capisce tutto. L’infinito teatro della vita ugualmente al post – morte e al pre – nascita SEMPLICEMENTE FLUISCE. Non serve capire il che cos’è ma il cosa fa o meglio in quei tipi di dimensioni sei ciò che fai. In quei tipi di dimensioni viene tolto il superfluo e viene lasciato l’essenziale esito di un processo di vuoto interiore. E qual è l’essenziale che vi è in ogni cosa? L’essenziale sta nel SEI CIÒ CHE FAI . . . L’ESSENZIALE sta nel SEI CIÒ CHE AGISCI E COSA AGISCI? FLUISCI IN ETERNO. Questa legge è presente e viene rispettata da tutti . . . Dio compreso. Ossia la legge è . . . ACCOGLIERE L’ETERNO FLUIRE. ACCOGLIERE QUELLA NATURA INFINITAMENTE PROFONDA CHE SI RIVERBERA IN TUTTO OSSIA IL FLUSSO ETERNO DELLA VITA. Bergson lo chiamò tale fluire eterno “ELAN VITAL” Schopenhauer lo chiamò il DIVENIRE ETERNO DELLA SPECIE. Quando entriamo in noi stessi e facciamo vuoto interiore facendo a meno del superfluo noteremo che rimarrà solamente il fluire incessante ed eterno del SILENZIO. Questo FLUIRE ETERNO DEL SILENZIO È UGUALE DAPPERTUTTO ED È MEGLIO CONOSCIUTO COME VITA DIO LEGGE DI MINOR RESISTENZA O PANTA REI. QUESTA LEGGE SI AUTO – ADEGUA ALLA SUA STESSA NATURA O AL SUO STESSO PRINCIPIO CHE È QUELLO DEL NON RESISTERE ALL’ACCADERE DELLE COSE OSSIA ACCOGLIERE IL FLUIRE ETERNO DELLA VITA. Quando osserviamo le cose dobbiamo tenere presente che il divenire in esse si manifesta in modo esteriore e in un modo infinitamente profondo. Mentre il modo esteriore con cui il divenire si manifesta fa emergere le differenze tra le singole cose il modo in cui questo divenire si manifesta nella loro dimensione infinitamente profonda è ciò che accomuna tutte le cose. Infatti il fluire eterno è uguale e indistinto in tutte le cose. Incondizionatamente. E questo per sempre e in eterno. A questo fluire eterno vi si può accedere e può essere sentito per esempio attraverso le emozioni e i sentimenti per quanto riguarda l’uomo. Ognuno ha un modo manifesto e un modo infinitamente profondo e non manifesto di fluire . . . il modo manifesto è il divenire della materia il modo non manifesto e infinitamente profondo è il fluire eterno della vita. Ad ogni modo ciò che conta è tenere presente sempre questa doppia natura dell’eterna impermanenza e di come essa si manifesta in queste due possibili forme di natura con cui il divenire si dipana. Il punto è che ci sono due lati del fluire eterno delle cose un lato è manifesto e crea diversità l’altro lato è non manifesto ed è uguale in tutte le cose Dio compreso ed è inoltre un lato infinitamente profondo con cui il fluire eterno si presenta. Mentre il lato manifesto è visibile o comunque lo si può PERCEPIRE in qualche modo il lato non manifesto e infinitamente profondo non è percepibile ma c’è e basta. È possibile cogliere questo lato non manifesto quando si entra in stati molto profondi della meditazione e questo lato non manifesto e infinitamente profondo con cui il fluire eterno si presenta è perfettamente presente nella frase di Buddha: VELO DOPO VELO CADRÀ MA VELO DOPO VELO SI TROVERÀ dove il processo del continuo cadere dei veli è quel lato manifesto e percepibile nonché materiale del fluire eterno mentre essendo che ci si troverà eternamente davanti ad un velo che nasconde qualcosa cos’è quel qualcosa che tale VELO nasconde alla nostra capacità di captare e o percepire? È proprio il lato non manifesto il lato infinitamente profondo con cui il fluire eterno si presenta. Questo lato infinitamente profondo del fluire eterno giace tra un velo e l’altro e perciò rimane eternamente nascosto dal velo dietro al quale giace. Il velo che cade non rivela infatti il lato infinitamente profondo del fluire eterno ma rivela un altro velo. E così noi ci troviamo sempre ed eternamente tra un velo e l’altro senza mai arrivare ad afferrare pienamente quel lato infinitamente profondo del fluire eterno. Infatti la famosa frase di Buddha può essere rivisitata anche in questo modo volendo: VELO DOPO VELO SI ALZERÀ (METAFORA DEL LATO MANIFESTO E O MATERIALE / PERCEPIBILE DEL FLUIRE ETERNO) RIVELANDO ALLA VISTA UN ALTRO VELO CHE CADRÀ FRAPPONENDOSI PERCIÒ NELLA DIREZIONE DELLA NOSTRA VISUALE INTENTA A COGLIERE E VEDERE IL LATO NON MANIFESTO E INFINITAMENTE PROFONDO DEL FLUIRE ETERNO. Vedete???? Il lato infinitamente profondo del fluire eterno rimane sempre celato alla nostra capacità di captarla pienamente. E per questo solo in stati di connessione profonda e presenza illuminata è possibile cogliere e nemmeno pienamente questa forma del fluire eterno infinitamente profonda. Ecco! Quella forma del fluire eterno è il vero nutrimento che la vita e la natura emanano da sé stesse ed è un nutrimento che si auto – sazia e che si auto – rispetta . . . rispetta cioè il suo stesso principio di minor resistenza dinanzi all’eterno fluire danzante della vita. Questo soffio eterno questo slancio che diviene in eterno questa spinta eterna verso l’infinito e oltre io per lo meno lo chiamo VITA. Altri possono dargli altri nomi. Libera – mente.

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