Nel corso del primo anno di studi presso Engim Restauro a Vicenza abbiamo approfondito la tecnica di decorazione murale a graffito, o sgraffio, grazie alla docente Patrizia Peruzzo.
Dopo una introduzione teorica alla tecnica del graffito abbiamo potuto creare una tavoletta preparata con arriccio ed intonaco per poi lavorarla con una decorazione modulare tipica di questa antica tecnica decorativa.
La tecnica del graffito o sgraffio
Per realizzare questo lavoro ci siamo basati sulla tecnica antica del graffito, che prende il nome dal “graphium“ romano, lo stilo con cui si scalfisce la superfice dell’intonaco, togliendolo e lasciando intravedere il colore sottostante, realizzando un disegno.
Nel nostro caso abbiamo realizzato una fascia decorativa di un palazzo ottocentesco fiorentino, composta da archetti nel primo ordine e da girali d’acanto e foglie nel secondo ordine.
Preparazione del disegno da riportare
Per prima cosa, dopo aver ricevuto l’immagine da realizzare, abbiamo adattato le misure del disegno, fino ad ingrandirlo a coprire le misure del supporto, un pannello in eraclit (materiale composto da lana di legno utilizzato nell’edilizia come fonoassorbente, leggero e adatto a mantenere l’umidità), in modo da creare una fascia continua accostando tutti i pannelli realizzati dalla classe.
Stabilite le misure, abbiamo realizzato il foglio per lo spolvero, un foglio di carta da lucido, su cui abbiamo riportato a matita il disegno, per poi bucarlo con un punteruolo, seguendo il disegno, con fori equidistanti a circa 5mm uno dall’altro.
Per forare il cartone dello spolvero bisogna fare attenzione a non fare i buchi né troppo vicini, né troppo lontani: se sono troppo lontani è possibile che non si riesca a distinguere bene il soggetto una volta fatto lo spolvero sul supporto, specie per disegni complessi, nel caso di fori troppo ravvicinati è invece possibile che si strappi il foglio tra un foro e l’altro, sporcando poi il supporto con troppa polvere. E’ importante anche crearsi dei riferimenti nello spolvero, come ad esempio per le linee orizzontali e pulire sempre il lucido dopo lo spolvero.
Nel caso del nostro disegno, ho dovuto ripassare la fascia sovrastante con il punteruolo, perché avevo fatto i buchi troppo lontani tra loro, e non distinguevo bene il soggetto.
E’ sempre bene fare una prova di spolvero su un’altra superficie prima di fare lo spolvero definitivo, per vedere se il disegno viene riportato in modo ottimale.
Abbiamo inoltre fatto diverse prove per realizzare anche i tamponi per lo spolvero, che consistono in un panno di tramatura adeguata a lasciar cadere del pigmento o della polvere colorata, contenente anche spesso del cotone per fare in modo che la polvere non si “ingrumi”, e chiuso da un laccetto.
Anche il colore del pigmento dello spolvero va deciso in base alla superficie che dovrà riceverlo: nel nostro caso visto che lo scialbo era previsto di un colore chiaro, abbiamo creato dei tamponi con pigmento scuro. Bisogna anche fare attenzione che il pigmento non sia troppo scuro o troppo chiaro, per non sporcare troppo la superficie.
La preparazione delle malte per il supporto
Abbiamo simulato, sul nostro supporto in eraclit, una parete verticale, realizzando quindi uno strato di arriccio ed una di intonaco, su cui procedere con lo scialbo.
L’arriccio è una malta da fondo, nel nostro caso realizzata con grassello e aggregati in rapporto 1:3, aggregati composti da cocciopesto e sabbia in rapporto 1:1.
Abbiamo bagnato bene l’eraclit prima di stendere l’intonaco (la superficie che accoglie una malta deve sempre essere bagnata, come anche gli attrezzi, specie se sono in legno come il frattazzo) altrimenti l’acqua contenente nella malta verrebbe subito assorbita dall’eraclit, causando una asciugatura troppo rapida dell’intonaco.
Abbiamo steso l’arriccio in due strati, un primo strato sottile, schiacciando, per far penetrare l’impasto nell’eraclit e quindi farlo aggrappare bene, poi uno strato più morbido, poi spianato col frattazzo per ottenere planarità.
Questi gli attrezzi utilizzati:
- la cazzuola, che serve per raccogliere l’impasto dal secchio, metterlo sul frattazzo e poi raccoglierlo per “lanciarlo“ sul supporto e per spalmarlo
- il frattazzo, che può essere in legno o in metallo, che serve per tenere la malta mentre si sta intonacando e per poi spianare
- il frattazzo in spugna che serve per spianare più accuratamente
- pennellessa per bagnare il supporto
Il lavoro con la cazzuola va fatto a zone, partendo ad esempio dal basso a sinistra per poi procedere, con tutto lo spessore, verso l’alto a destra.
Abbiamo lasciato la superficie dell’arriccio ruvida per poter poi accogliere l’intonaco.
Era la prima volta che preparavo e stendevo una malta, ed è stato interessante apprendere che il grassello va prima mescolato bene per togliere grumi e messo per primo nel secchio, capire che le sabbie vanno setacciate, il cocciopesto lavato prima di metterlo nell’impasto, capire quanta acqua mettere nell’impasto e quale sia la giusta consistenza (quando si solleva la cazzuola con un po’ di impasto, questo deve cadere ma non in modo liquido).
Nella stesura è stato interessante capire la manualità necessaria, il movimento ad arco da fare con la mano con la cazzuola, l’inclinazione della cazzuola che non va tenuta di piatto, altrimenti risucchia l’impasto, ma nemmeno troppo in verticale altrimenti è difficile ottenere una planarità.
Una volta asciugato l’arriccio, abbiamo steso l’intonaco.
L’intonaco è stato preparato con grassello ed inerti in rapporto 1:2, e gli inerti erano sabbia gialla della toscana di granulometria 0.06 mm in rapporto 1:1,5 e pigmento rosso veneto che non va inserito oltre il 5% del peso, altrimenti poi l’intonaco sfarina.
Il pigmento era stato preparato mettendolo in acqua e facendolo decantare per 12 ore.
Anche in questo caso abbiamo preparato l’impasto in un secchio, inserendo prima il grassello
e poi man mano gli aggregati, mescolando con il miscelatore, aggiungendo l’acqua man mano, quanto basta.
L’intonaco doveva essere colorato, perché poi lo scialbo sarebbe stato chiaro e si sarebbe visto il disegno del colore dell’intonaco.
Abbiamo spazzolato l’arriccio con un pennello per togliere la polvere, lo abbiamo bagnato e abbiamo steso uno strato di intonaco di circa 3 mm, di consistenza cremosa, sempre in 2 strati, uno schiacciando ed uno più morbido, levigandolo poi con il frattazzo in spugna.
Abbiamo modellato bene anche i bordi, aiutandoci con una spugna bagnata, rendendo gli angoli rotondi così si spaccano meno facilmente.
Nel mio caso sono apparse delle macchie scure su alcune zone dell’intonaco, perché ho schiacciato troppo con il frattazzo e l’ho lavorato troppo, causando quella che si chiama una “bruciatura”.
Ho così imparato che bisogna lavorare l’intonaco il giusto, con una abile manualità fin da principio, senza torturarlo in seguito troppo.
Lo scialbo
La tecnica del graffito si può effettuare sia a fresco, cioè sull’intonaco fresco quando ha appena incominciato a “tirare“, sia a secco, cioè su intonaco asciutto.
Abbiamo scelto di provarle entrambe, provando la tecnica a fresco sulla fascia sottostante con gli archetti, procedendo quindi subito con lo strato di scialbo.
Lo scialbo è uno strato di grassello con l’aggiunta di pigmento della consistenza del latte, che va steso e poi rimosso con il graphium nelle zone interessate.
Abbiamo fatto diverse prove colore per ottenere una tonalità di scialbo chiara e calda, mescolando al grassello una punta di nero avorio e una punta di ocra gialla.
Abbiamo segnato la misura della fascia sull’intonaco ancora bagnato con una punta metallica e abbiamo poi steso a pennello lo scialbo.
La stesura va fatta con pennello largo, con mano delicata, facendo depositare lo scialbo, procedendo a zone, senza tirarlo troppo, cercando di ottenere uno strato uniforme.
Non bisogna farsi ingannare dalla scialbo: appena steso sembra trasparente e si tende a passarci più volte. In realtà quando si asciuga diventa poi bianco coprente.
Il riporto a spolvero
Abbiamo a questo punto realizzato lo spolvero, appoggiando la carta da lucido bucherellata sul supporto.
Abbiamo precedentemente levigato con carta vetrata la parte del lucido che andava appoggiata sullo scialbo, per non rovinarlo o strisciarlo.
Lo spolvero va fatto con attenzione, per non sporcare lo scialbo chiaro con la polvere: essendo lo scialbo ancora fresco, se poi rimane sporco, la polvere non si toglie più. Bisogna però controllare che si veda il disegno, sollevando un lato del lucido.
Il lucido va allineato bene al supporto creandoci dei riferimenti a lato per saperlo eventualmente ricollocare perfettamente allo stesso modo.
Realizzazione del graffito vero e proprio
Si inizia a questo punto, con il graphium, uno strumento a punta metallica di dimensioni varie, a grattare via lo scialbo in corrispondenza del disegno voluto.
Abbiamo per prime realizzate le linee orizzontali, tenendo una stecca sul supporto e passando il graphium aiutandoci con questa, e poi abbiamo realizzato gli archetti.
La tecnica non é così semplice come potrebbe apparire: se si gratta troppo si formano dei buchi nell’intonaco sottostante, se si gratta troppo poco rimangono delle tracce di scialbo troppo evidenti e tutto il disegno sembra biancastro.
Bisogna trovare la giusta inclinazione e pressione con il graphium e grattare in modo uniforme.
Nel mio caso ho notato che si vedono troppo le striature biancastre lasciate con lo scialbo, mi sarebbe piaciuto vedere più contrasto tra la parte chiara e quella del colore dell’intonaco.
Probabilmente ho proceduto forse con troppa fretta specie nella parte finale, per paura anche di creare buchi troppo profondi. Ho notato che se nell’intonaco sono presenti aggregati di granulometria troppo alta, con il graphium si rischia di toglierli causando buchi più profondi.
Nella parte superiore della fascia, realizzata dopo qualche settimana con la tecnica a secco, cioè su intonaco già più asciutto, ho avuto meno difficoltà e c’è più contrasto tra il bianco dello scialbo e il rosso dell’intonaco.
Per questa parte, essendo più complessa e quindi lenta da realizzare, abbiamo dato lo scialbo prima su una metà della tavola, abbiamo realizzato lo spolvero e abbiamo effettuato la descialbatura. Poi abbiamo realizzato la seconda parte stendendo di nuovo lo scialbo sull’altra metà.
In questo modo ho capito meglio come dare una mano leggera di scialbo e come sovrapporre leggermente i due strati in modo che si veda la giuntura il meno possibile.
Anche nella fascia superiore si è proceduto con calma con il graphium, ed essendo una parte più ricca di particolari e meno di superfici piane, mi sono trovata meglio a creare una omogeneità nella superficie lasciata con l’intonaco.
La cosa bella dopo il paziente lavoro e i dolori alla mano è stata vedere tutte le tavole realizzate dalla classe allineate una accanto all’altra, a formare una fascia continua che ho immaginato in una parete vera e propria di un palazzo.