Wiligelmo è la prima personalità completa e matura che ritroviamo all’interno della scultura romanica. Wiligelmo lavora durante il primo decennio del 1100 nella decorazione del Duomo di Modena.
Tuttora nella facciata del Duomo di Modena sono visibili quattro rilievi rettangolari, due al di sopra dei portali minori e due ai lati del portale maggiore.
Sono opera appunto di Wiligelmo e raffigurano le storie della Genesi.
Si pensa che originariamente questi rilievi fossero collocati sul pontile del presbiterio e che siano stati spostati fuori della chiesa circa 50 anni dopo, quando sul pontile Anselmo da Campione con i suoi aiuti crea un ciclo cristologico. Tra l’altro le misure complessive di questi quattro rilievi corrispondono proprio alla misura del pontile.
La cultura di Wiligelmo rivela influenze padane, romaniche e classiche, rapporti anche con quella dei maestri tolosani, di Tolosa in Francia e di Moisac, in Aquitania.
Ogni lastra presenta tre episodi entro uno spazio che ha la profondità degli archetti pensili che sono scolpiti sulla cornice superiore con grande varietà e manifestano una grande ricchezza di motivi decorativi.
La successione degli archetti suggerisce lo sviluppo nel tempo, crea una connessione temporale nei fatti e quindi è una storia che noi leggiamo da sinistra verso destra, quindi richiama quelle narrazioni continue di origine romanica.
Ma nello stesso tempo introduce mediante gli archetti quella scansione tipica nell’architettura romana e quindi negli spazi romanici.
Il racconto biblico inizia con la creazione di Adamo, cui segue la creazione di Eva e quindi il peccato originale.
Nella seconda lastra abbiamo il rimprovero, la cacciata dall’Eden e il lavoro dei progenitori.
Nella terza lastra abbiamo il Sacrificio di Caino e Abele, l’uccisione di Abele e la maledizione di Caino.
Nella quarta lastra abbiamo la morte di Caino, l’Arca di Noè e l’esodo dell’Arca.
Nel primo rilievo è raffigurata la comparsa dell’uomo sulla terra, lo scultore definisce il corpo di Adamo con densa corposità ed in maniera estremamente espressiva.
Ha le ginocchia piegate e si sta alzando faticosamente da terra, aiutato dallo Spirito che Dio trasmette col suo alito.
Osserviamo che nella prima figura è rappresentato Dio chiuso all’interno di una mandorla, uno spazio che non è terreno, ma sovrannaturale, fuori dallo spazio e dal tempo umani.
Il Signore è tutto concentrato in questa forza creatrice e sta infondendo la vita in Adamo.
La colonna segna l’inizio della scena successiva.
In questa vediamo che Adamo sta dormendo lungo il greto di un fiume ed è rappresentato completamente di fianco, quindi rivolto verso lo spettatore in una posizione innaturale.
Eva sta emergendo dal suo costato rispondendo alla forza creatrice di Dio.
Dio è rappresentato mentre delicatamente la regge per una mano, per un polso. E questa delicatezza del gesto mitiga la severità della figura di Dio, vestito con questa veste a campana, molto solenne.
Poi abbiamo la scena del peccato originale, Adamo è rappresentato mentre addenta voracemente una mela ed Eva è rappresentata mentre volge la testa e lo osserva con un’aria quasi compiaciuta.
Allo stesso tempo i due avvertono il disagio della nudità, tanto è vero che entrambi si coprono.
Osserviamo un particolare estremamente raffinato come l’intreccio tra l’albero e il serpente, che è avvinghiato all’albero e diventa una specie di colonna tortile.
Nella seconda lastra vediamo che essa inizia con una colonna. In questa lastra che è molto corrosa dal tempo, le scene sono sempre inserite in uno spazio delimitato da colonne e archetti pensili.
La scena si apre con il rimprovero, prosegue con la cacciata dal Paradiso e si conclude con il lavoro dei progenitori, che occupa più spazio. E’ una lastra in cui osserviamo un tono mesto che culmina con la rassegnazione dei progenitori che sono rappresentati mentre stanno zappando la terra, visti come servi della gleba che scontano con il lavoro il castigo divino.
La fatica del lavoro pare confluire attraverso questi corpi chinati nella zolla di terra dalla quale emerge rigogliosa una pianta che ha un fusto tornito, foglie carnose e viene ritratta da Wiligelmo con grande vitalità.
Nella terza lastra con l’uccisione di Abele, osserviamo che Abele viene ritratto colpito da una mazzata di Caino e il collo di Abele sembra spezzarsi e le ginocchia improvvisamente cedono.
Notiamo che Wiligelmo è sempre fulminante nella resa di questi particolari drammatici.
Abbiamo poi un’ultima lastra, con la morte di Caino, Caino viene ucciso da Lamec, cieco, con una freccia ed p una delle scene più drammatiche di tutto il ciclo.
E a questa scena si apre uno spiraglio di speranza, con la rappresentazione dell’Arca e vediamo come quest’arca rappresenti un momento di sospensione, un elemento decorativo che sfocerà poi con l’esodo dall’arca e quindi con un mondo che ricomincia pieno di speranza.
Vediamo il patriarca Noè che guida i sopravvissuti ad un mondo nuovo, coi volti dei personaggi fino ad ora tetri, che si aprono al sorriso e alla speranza.
Wiligelmo in altre parti di edificio scolpisce direttamente o fa scolpire dai suoi allievi una serie di rilievi figurati nei capitelli.