Con il vaso François siamo in presenza di un cratere a volute con le anse, attico, a figure nere su sfondo rosso. Il vaso François proviene da Chiusi, in territorio italiano, o meglio etrusco all’epoca, la qual cosa evidenzia i commerci che esistevano tra gli etruschi e i greci e la vitalità economica di questa civiltà.
Il vaso Fracois è alto 66 cm ed ha una circonferenza di 1,80 m, per un diametro di 57 cm. Il vaso è andato parzialmente distrutto ed è stato poi ricomposto. E’ riccamente decorato.
Viene chiamato vaso François dal nome dello scopritore, Alessandro Francois, che lo trovò circa nella metà dell”800 in una tomba etrusca presso Chiusi.
Il vaso rientra nelle importazioni di vasi attici che diventarono sempre più massive nel VI secolo a.C. Il vaso viene ascritto al 570 a.C.
La tomba era già stata saccheggiata e soprattutto i reperti più preziosi erano già stati rubati. Il vaso fu trovato rotto e i pezzi erano sparsi in tre stanze. I pezzi furono raccolti ed il vaso ricomposto. poi però furono ritrovati una seconda serie di frammenti per cui il vaso fu smontato e ricomposto di nuovo, i frammenti furono applicati con parecchie forzature e limature lungo i margini e le parti mancanti furono ricostruite in gesso.
Nel’63, poi, un contadino trovò un altro frammento del vaso e lo donò alla famiglia Strozzi, che lo donò al Museo Archeologico di Firenze, dove era conservato il vaso ed il frammento fu esposto vicino al cratere.
Nel 1900 poi per un incidente il vaso si ruppe in 638 frammenti, quindi l’opera fu sottoposta a un nuovo restauro. Un visitatore però si appropriò di un frammento del vaso e lo restituì solo quando il vaso fu ricostruito. Nel 1972 il vaso Francois fu poi sottoposto ad un nuovo restauro con metodi più moderni le analisi hanno rivelato le aggiunte degli altri restauri.
Uno dei risultati più notevoli dell’ultimo restauro è stato il ripristino della superficie originaria dell’opera che in parte era stata coperta da uno strato di gesso dipinto. Quest’ultimo restauro ha messo anche in luce alla base delle anse 2 fori, che si ritiene essere stati fatti già nell’antichità e che forse servivano a fissare il vaso fa qualche parte.
Sono state inoltre tolte tutte le integrazioni pittoriche fatte nell’800 e il vaso appare oggi come lo vediamo al museo Archeologico di Firenze.
La decorazione del vaso Francois
Il vaso Francois è da considerare uno fra i primi esemplari di vasi attici con figure nere su fondo rosso. E’ dipinto in nero sul fondo del colore dell’argilla con i particolari interni delle figure resi con sottili linee incise.
L’argilla ha il colore tipico dell’argilla ad alta componente ferrosa. Nell’originale vi erano anche dei colori aggiunti, che non sono giunti fino a noi: il bianco e il paonazzo. Sappiamo ad esempio che le carni femminili erano dipinte in bianco.
Il vaso Francois è un cratere, ossia un vaso aperto usato per mescere il vino: dal cratere si attingeva il vino con una brocca e poi versato nelle Kylixes. Il cratere ha una forma particolare, è un cratere definito a volute, così chiamato dalla forma delle anse. E’ il primo e più antico cratere a volute attico che ci è pervenuto.
E’ notevole sia come armonia di proporzioni, solidità di struttura e dimensioni. Solitamente i crateri a volute erano costruiti in metallo. Poi si passa a realizzarli anche in ceramica.
Il ceramista che ha legato il suo nome a questo cratere è Ergòtimos, mentre il pittore, o ceramografo, è Klitios. Il nome dei due artisti è ripetuto due volte sul lato principale del vaso e si trova l’iscrizione “Ergotimos me poites” (Ergotimos mi fece), mentre nel senso dell’altezza “Klitios mi dipinse”. La scritta viene ripetuta sulla parte del collo e il nome di questo pittore compare qui per la prima volta.
In quel periodo la ceramica attica sta riconquistando il mercato Mediterraneo e pone le basi per una importante fioritura della cultura attica. Questo avviene quando i ceramisti attici riescono a sottomettere la tradizione locale, molto vivace che tendeva a narrare avvenimenti mitologici, e utilizzarla con la disciplina del disegno e della composizione corinzia.
Si evidenzia anche in questo caso come lo stile attico nella pittura vascolare nasca dall’unione tra lo stile ionico-corinzio e lo stile locale.
Descrizione pittorica del Vaso Francois
Il vaso è decorato su tutta la superficie con una serie di fasce orizzontali, ricche di figure molto precise e quasi tutte identificabili attraverso le iscrizioni. Sul vaso vengono narrati parecchi temi mitologici, ma la scena principale è quella che occupa la parte più vasta del corpo del vaso e narra di uno dei matrimoni più famosi di tutta l’antichità: il matrimonio di Teti e Peleo, i genitori del futuro eroe greco Achille.
Fu proprio durante questa festa matrimoniale che sorse quella disputa fra le dee, su quale fosse la più bella e che portò al giudizio di Paride, che diede la famosa mela a Venere, che gli promise l’amore, che Paride trovò in Elena, già sposata con Menelao di Sparta, dando inizio alla guerra di Troia.
Vediamo la dea Teti seduta dentro la casa a destra e guarda attraverso la porta semi-aperta, mentre Peleo è rappresentato in piedi davanti alla casa presso un’ara e sta ricevendo il corteo degli dei che vengono a fare gli auguri per le nozze.
La casa, che avrebbe dovuto essere rappresentata di profilo è invece rivolta verso lo spettatore ed è una delle tre costruzioni rappresentate sul vaso: riveste una grande importanza perché ci rivela come doveva essere una casa antica. Essa ha un frontone e sul davanti un portico formato dalla continuazione dei muri laterali, che si protendono davanti e due colonne al centro.
Un particolare curioso: in fondo alla porta vediamo un piccolo foro che doveva servire a far passare il gatto. Il corte nunziale è guidato da Chirone, un centauro noto nella mitologia perché è stato l’educatore di molti eroi greci, tra cui Peleo e Achille. Egli tiene un ramo da cui pendono due lepri che servono a dimostrare le sue capacità di cacciatore.
Tra le divinità notiamo Dioniso, il Bacco greco, con un’anfora piena di vino sulle spalle, col volto reso di prospetto, cosa molto rara. Dietro a Dioniso ci sono le tre Horai, le personificazioni delle stagioni, che sono rappresentate con vesti molto elaborate, la terza in particolare veste un peplo decorato con file di carri, cavalieri, animali, fiori. Di un peplo del genere esistono due esempi in questo vaso e ad esempio nell’Iliade è descritta Elena che tesse un tessuto rosso con scene della guerra di Troia.
Dopodiché inizia una serie di carri, tra cui il primo è quello di Zeus e di sua moglie Era. Poi ci sono le tre Muse, figlie di Zeus, che cantavano durante le feste nunziali. La scena prosegue poi dietro. Tra i vari carri notiamo quello di Apollo con accanto la madre, accompagnati dalle tre Grazie, figlie di Zeus.
Poi abbiamo un carro dove probabilmente sono sedute Artemide ed Atena, particolarmente onorata, e ricevuta dal padre e dalla madre della sposa. Poi compare Ermes con la madre Maya scortati dalle Moraj, che rappresentano i destini ed hanno una grande importanza nei matrimoni e nelle naascite.
Alla fine abbiamo Oceano accompagnato dalle Nereidi, che sono sorelle di Teti, la sposa, e con loro il dio tritone il quale ha il capo che finisce in una coda di serpente.
L’agguato di Achille a Troilo
Sotto alla fascia principale, sul lato più importante del vaso è rappresentato un altro motivo importante della guerra troiana: l’agguato di Achille a Troilo, che era il più giovane dei figli del re di Troia, Priamo. Questo agguato si spiega con una profezia che diceva che Troia non sarebbe stata presa se Troilo avesse superato i 20 anni. Per cui la sua uccisione è importantissima.
Achille si nasconde presso una fontana ed attende Troilo che porta i cavalli ad abbeverarsi. Al centro della scena vediamo Achille che sta per raggiungere Troilo a cavallo. Dietro ad Achille appare la sua protettrice, la dea Atena. Di Achille compare solo la parte inferiore del corpo.
Dietro la dea Atena compare il dio Hermes con il caduceo in mano, rappresentato mentre si sta volgendo indietro e sta parlando con la dea Teti, la madre di Achille. Hermes le sta parlando per farle coraggio, perché Teti teme per il punto debole di Achille: il suo calcagno. La madre vive sempre nel terrore per Achille.
A sinistra della composizione appare un altro edificio in cui è rinchiusa la fontana e anche questo è rappresentato frontalmente rispetto allo spettatore. Vicino alla fontana c’è n ragazzo e una ragazza che attingono l’acqua. Dall’altra parte della scena invece compare il dio Apollo.
Troilo si rifugia nel tempio di Apollo, ma Achille lo segue, scatenando le ire di Apollo, che si vendica poi facendolo uccidere da Paride. Sotto i cavalli di Troilo che sta fuggendo vediamo un idria, un’anfora per l’acqua lasciata cadere dalla ragazza vicino alla fontana mentre fugge spaventata.
Alla destra della composizione vediamo un’altra costruzione, le mura della città di Troia con una delle porte. Sopra alla porta si vedono dei mucchi di pietre pronti per essere lanciati contro gli assalitori. L’allarme per la morte di Troilo è già stato dato, davanti alle mura è seduto Priamo, padre di Troilo. Il suo amico Antenore ha visto tutta la scena e si sta alzando per andare verso Priamo per dirgli che Troilo è morto.
Il ritorno di Efesto nell’Olimpo
Sul lato posteriore del vaso è trattato il ritorno nell’Olimpo del dio Efesto, il dio del fuoco. Viene trattato qui un tema mitologico che narra di Hera, regina degli dei, che caccia dall’olimpo suo figlio Efesto perché era brutto e zoppo. Ma il dio si vendica, finge di perdonarla e le regala un trono fatto da lui. La madre vi si siede e non può più alzarsi. Efesto, che la può liberare, non si trova.
Solo Dioniso, con il potere del vino, riesce a convincere Efesto a tornare, ma lui si rifiuta di aiutare Here. Allora nel mito Zeus, marito di Hera, gli promette la mano di Afrodite, la più bella tra le dee, che così la sposa.
Gli animali sul Vaso Fracois
Nella terza fascia sono rappresentati degli animali ripartiti in sei gruppi, con al centro un gruppo derivato dalla tradizione orientali, le sfingi ai lati dell’albero sacro. Infatti nell’arte greca arcaica, sia nei frontoni che nei vasi apparivano con regolarità gruppi di fiere che azzannavano capretti o cerbiatti.
Questi gruppi non sono solo decorativi ma hanno un profondo significato simbolico. Nella ceramografia attica questi animali non sono protagonisti perché hanno ceduto il posto alle storie dell’uomo e ai miti degli dei e vengono relegati in una parte secondaria del vaso.
Più in basso abbiamo un’ultima fascia decorata in cui è rappresentata con estrema stilizzazione una teoria di fiori di loto.
Caccia al cinghiale Calidonio
Abbiamo un collo del vaso riccamente decorato. Sul lato principale viene narrata la caccia al cinghiale Calidonio. La dea Artemide, irata con il re di Calidon, di nome Odineo, manda un cinghiale mostruoso a devastare il territorio del re.
Tra i cacciatori i più importanti sono disposti di fronte al cinghiale e sono Meleagro e Peleo. Peleo è ritratto senza barba, da giovane, quindi prima del matrimonio. Vicino a loro sta Atlanta, l’unica figura con una corona in testa. E’ vestita con un corto kitone da cacciatrice ed è stata la prima a colpire il cinghiale con le sue frecce, infatti si vede sulle sue spalle una faretra, anche se ha già scagliato le frecce e tiene in mano una lancia.
La scena è organizzata in modo simmetrico. Al centro il cinghiale ferito da quattro lance, due da sinistra e due da destra. Un cane lo sta assalendo da dietro, mentre una cane morto giace sotto alle sue zampe. Sotto alle sue zampe giace anche un uomo morto e questo ci dice quanto fosse pericoloso il cinghiale Calidonio.
Nel vaso Fracois è riportato il momento in cui, dopo l’attacco con le frecce i cacciatori a due a due, assieme ai cani, il cui nome è riportato accanto alle figure, come per gli uomini, stringono da vicino il cinghiale, che viene colpito con lance e giavellotti.
Gara di corsa coi carri
Sempre sul collo del vaso Fracois, sotto alla scena di caccia, compare una gara di corsa coi carri. Solitamente le gare di corse coi carri erano il momento culminante delle gare e qui in modo particolare viene trattata la gara che culmina i giochi funebri tenuti da Achille in onore di Patroclo, descritti in un canto dell’Iliade.
Achille è rappresentato al traguardo. Sotto ai cavalli sono posti i premi della gara, secondo uno schema tradizionale, e sono grandi tripoci e bacili in bronzo. I cinque aurighi rappresentati indossano la consueta veste lunga e bianca, caratteristica di queste gare.
Osserviamo anche il piede del vaso in cui viene trattato il tema della lotta tra i pigmei con le gru, menzionati nell’Iliade. E’ una della rappresentazioni più antiche e più belle di questo tema