Nel XIII secolo sono tre i centri italiani di rinnovamento: Firenze, Assisi e Roma. E’ soprattutto da Firenze che provengono i pittori. Assisi offre una grande vetrina.
Abbiamo papa Nicolò IV che è il vero committente degli affreschi di Assisi, è lui che pone fine alle remore dei francescani, in particolare degli spiritualisti, nei confronti dell’immagine dipinta. E’ Nicolò IV che reperisce i fondi, definisce i soggetti da trattare e sceglie gli artisti.
All’interno della pittura di Assisi è Giotto il primo artista a riscoprire il naturalismo, la spazialità, però con ogni probabilità Giotto prosegue su di una strada già inaugurata in ambito romano, la scuola romana.
Jacopo Torriti
Il Torriti è contemporaneo di Cimabue. Osserviamo ad esempio l’incoronazione della Madonna nella Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma, in cui osserviamo accenni spaziali nel sedile e nei poggia piedi scorciati.
La tecnica è quella paleocristiana della tessera, del mosaico, così come il fondo del catino absidale con i girali d’acanto è anch’essa una rimembranza paleocristiana.
Osserviamo come nel complesso l’opera del Torriti presenti ancora elementi bizantini unificati attraverso un recupero tardo-antico.
Pietro Cavallini
Per il Cavallini, sempre nella scuola romana, il discorso è più complesso, nato nel ’73, morto nel 1321, del Cavallini c’erano degli affreschi tardo antichi in S. Paolo fuori le mura che egli in parte completa e in parte restaura, ma sono andati distrutti.
Lavora acconto ad Arnolfo di Cambio e lo ritroviamo accanto a lui in Santa Cecilia in Trastevere, dove osserviamo il Giudizio Finale, di cui sopravvive un grande frammento con ogni probabilità dipinto intorno al ’95.
E’ un affresco importante ed innovativo.
In questo caso Cavallini riduce e due le fasce sovrapposte che ci sono di solito nel Giudizio Universale. In quella superiore osserviamo il convergere degli sguardi degli apostoli e l’inclinazione dei troni verso il centro, dove all’interno di una mandorla ci è il Giudizio celeste.
Nella fascia inferiore abbiamo invece gli angeli che con le loro trombe celesti determinano un modo divergente verso i lati.
C’è una grandiosa concezione per cui gli apostoli seduti su questi grandi scranno hanno ormai voltato le spalle alla tradizione bizantina e recuperato quindi l’antica spazialità di origine paleocristiana.
io manti che ricadono in ampie piegature svelano la disposizione delle membra, la cromia è estremamente sfumata e osserviamo un gran numero di trapassi chiaroscurali dietro ai quali individuiamo uno studio degli affreschi classici.
E’ uno dei personaggi che tendono a svecchiare la cultura, a recuperare il concetto di spazio e per questo siamo costretti ad andare indietro fino alla cultura classica e paleocristiana.
Partendo dal chiaroscuro paleologo Cavallini tende a sbalzare le figure fuori dalla parete dando volume. Interpreta in modo personale il chiaroscuro paleologo, invece Cimabue lo usa come una affumicatura dell’immagine, imbevuta d’ombra.