Della pittura romana non ci sono arrivate opere di cavalletto, la nostra conoscenza della pittura romana e i suoi stili si basa esclusivamente sull’affresco e in particolare sulle opere recuperate ad Ercolano e Pompei.
Abbiamo anche qualche esempio di pittura romana in scavi a Roma, però la pittura parietale romana è una pittura che potremmo definire standardizzata, una pittura di routine, cioè gli artisti non lavorano affrescando musi ma facendo quadri, quindi le maestranze che lavorano agli affreschi sono minori e si muovono in una cultura già conosciuta.
La pittura romana non è una pittura di capolavori, ma si muove in una cultura nota, con maestranze che non creano nulla di nuovo, ma di tradizione.
Quello che ci è arrivato quindi è la produzione corrente, non i capolavori.
I 4 stili della pittura romana
Il primo grande e unico storico che ce ne parla è Vitruvio, che nei suoi libri parla di quattro stili nella pittura romana. In realtà questa suddivisione lascia un po’ a desiderare.
Il primo stile della pittura romana (II sec – metà del I sec a.C.) è il bugnato, detto anche “ad incrostazione”, una decorazione che ritornerà continuamente nei secoli successivi.
Ne abbiamo un esempio ad Ercolano, nella casa Sannitica.
Il secondo stile (metà del I sec a.C. – inizi del I sec. d.C.) è impostato su una decorazione pittorica a tutta parete che presenta grandi scenografie architettoniche che chiaramente sono recuperate dalla scena teatrale.
Nel terzo stile della pittura romana (prima metà del I sec d.C.) abbiamo la presenza di fasce colorate all’interno delle quali sono rappresentate figure, si parla di pittura compendiaria, una pittura di tipo decorativo che proviene dall’Oriente egizio.
Nel quarto stile della pittura romana, detto anche “dell’illusionismo prospettico” abbiamo una sorta di riproposizione del secondo stile, impostato su grandi architetture che però diventano più complicate e ridondanti.
Secondo stile della pittura romana
Ad esempio abbiamo la Villa dei Misteri, a Pompei, che parla di una iniziazione ai riti misterici di tipo dionisiaco. Sono riti che Roma fece di tutto per sconsigliare ma che penetrano ugualmente dal mondo orientale.
In questo caso nella villa dei Misteri abbiamo un’opera di alta qualità con figure di grande rilievo plastico. Molto bello è il particolare che rappresenta la donna atterrita.
Si tratta di un ciclo molto complesso, dipinto da maestranze ben impostate con elementi di poesia visiva molto forti.
Terzo stile della pittura romana
Nel terzo stile della pittura romana le pareti sono decorate con riquadri policromi per lo più scuri, all’interno dei quali sono raffigurate delle figure chiarissime disegnate con dei tratti vivaci, molto intensi.
Un esempio di questa pittura che Plinio definisce con disprezzo compendiaria lo abbiamo nella casa dei Vettii a Pompei e ne abbiamo in abbondanza a Pompei.
E’ un tipo di pittura che avrà un’incredibile fortuna nell’area romana e la vedremo utilizzata anche nelle pitture catacombali cristiane.
Uno degli esempi più significativi che ci è pervenuto è la Primavera.
E’ una figura femminile vista di spalle che sta cogliendo dei fiori. C’è un campo verse e osserviamo che manca qualsiasi elemento di profondità e la figura è rappresentata con tratti estremamente veloci.
Significativo anche il Fregio degli amorini sempre in Casa dei Vettii a Pompei.
Quarto stile della pittura romana
Nel quarto stile l’illusionismo architettonico del secondo stile viene ripreso in maniera più complicata, con un manierismo che rende più fantasioso con un gioco che sfonda continuamente le pareti reali.
All’interno della ritrattistica romana sopravvive questa forza realistica di cui abbiamo un esempio nel ritratto di Paquio Proculo e di sua moglie, realizzato con la tecnica dell’encausto, una tecnica di cui si è persa nozione e non si riesce più a replicare con esattezza.