Analizziamo in questo articolo l’iconografia del Crocifisso di Giunta Pisano, datato 1250 nella chiesa di San Domenico a Bologna.
Anche per quanto riguarda la figura del Cristo in croce l’innovazione iconografica è favorita dai francescani, i quali desideravano umanizzare la religione e quindi tendono a spingere per un certo tipo di religiosità più emotiva. Non è il Cristo figlio di Dio, ma il Cristo uomo quello che viene raffigurato nel crocifisso di Giunta Pisano.
Giunta Pisano, che opera tra il 29 e il 54, è una personalità decisiva per la pittura del ‘200. Pur rimanendo legato fortemente alla tradizione bizantina, tende questo rapporto fino quasi ai limiti della rottura.
In modo particolare egli nei suoi crocifissi sottolinea la drammaticità, tipica del tema del Cristo morto, con raffinati mezzi espressivi.
Ad esempio nel Crocifisso che troviamo nella chiesa di San Domenico a Bologna vediamo il corpo del Cristo che si inarca nello spazio, teso nello spasimo dell’agonia, in contrasto con la sagoma rettilinea del legno.
Il bacino del Cristo è completamente spostato in fuori e invade la campitura laterale di uno dei bracci della croce. Nell’opera di Giunta Pisano non trovano più spazio delle storie minori, le quali sono abolite per evitare che lo spettatore distolga la sua attenzione da elementi non focali.
Osserviamo però come all’estremità dei bracci del crocifisso compaiono dei ritratti a mezzo busto di Maria e San Giovanni, in posizione di compianto.
Le proporzioni sono allungate in maniera innaturale e puntano ad accentuare il pathos drammatico per cui la magrezza delle membra, l’affiorare delle ossa e costole, la curvatura tagliente delle braccia sono tutti elementi che servono ad evidenziare il dolore. Lo vediamo anche nel taglio delle sopracciglia.
Giunta Pisano si muove ancora però in un linguaggio greco, bizantino, lo tende fino all’inverosimile ma non lo sopravanza.
però il fatto culturale nuovo che attraversa la pittura romana e toscana proviene ancora una volta da Costantinopoli ed è la pittura paleologa e all’interno della cultura paleologa abbiamo un recupero, quasi una scoperta, del chiaroscuro.
Il chiarosucro paleologo
Chiaroscuro che non viene utilizzato in funzione plastica, ma viene utilizzato per dare una nuova conformazione all’immagine.
Osserviamo che intonro al 1260 si fissa nella cultura orientale questa immagine che viene chiaroscurata diversamente.
Fu nel 1261 che i Paleologhi riconquistano Costantinopoli e mettono fine all’impero latino, ragion per cui questo recupero del chiaroscuro assumerò il nome di chiaroscuro paleologo.
Questa innovazione influirà profondamente sugli artisti centro-italiani, tra cui Coppo di Marcovaldo, Cimabue, Duccio, Cavallini e il primo pittore che avverte profondamente questa innovazione è Coppo di Marcovaldo.
La sua Madonna del Bondone, ai Servi di Siena, datata 1261, ha mostrato nelle radiografie della testa, della struttura della veste, che è stata usata la terra per il chiaroscuro.
Il Giudizio universale di Coppo di Marcovaldo
Il Giudizio universale di Coppo di Marcovaldo viene eseguito a mosaico sulla cupola del Battistero di Firenze.
Osserviamo la figura di un terribile e gigantesco Satana cornuto da cui si dibattono numerosi serpenti, rospi e lucertole che assalgono gli ignudi sottoposti alle più sadiche sevizie che siano mai comparse sin d’ora in una visione infernale e forse qui Coppo è debitore di Dante per alcuni spunti.