Giovanna Garzoni, vita e opere di una grande artista

Giovanna Garzoni, natura morta

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Giovanna Garzoni è una artista poco conosciuta perché donna e perché si è dedicata ad un’arte giudicata “minore” dalla storia dell’arte tradizionale (scritta dai maschi). Giovanna Garzoni nacque probabilmente intorno al 1600 ad Ascoli Piceno, anche se la data esatta resta incerta.

Mi stupisce sempre la precocità delle artiste: documenti d’archivio citano infatti una “Sacra Famiglia” da lei dipinta a soli sedici anni, poi registrata in una collezione privata nel 1830. Fin dagli esordi, Garzoni si dedicò alla pittura in miniatura, termine che all’epoca comprendeva dipinti su pergamena anche di dimensioni non ridotte, quindi con una connotazione diversa da quello che intendiamo oggi come “miniatura”.

Parte della famiglia proveniva da Venezia, dove l’artista si trasferì con il fratello Mattio. Immagino la giovane Giovanna felice per l’opportunità di studiare nella Venezia del Seicento, frequentando la scuola di calligrafia di Giacomo Rogni e ammirando le opere di Palma il Giovane. Alcune fonti ipotizzano che, tra il 1618 e il 1620, possa aver conosciuto Artemisia Gentileschi durante un soggiorno fiorentino, ipotesi non confermata ma plausibile.

Il misterioso matrimonio con Tiberio Tinelli

Secondo la storica dell’arte Francesca Bottacin, Garzoni fu data in sposa al pittore veneziano Tiberio Tinelli alla fine del 1622. Trovo davvero sgradevole l’espressione “data” in sposa, come se la volontà della donna non contasse.

Stando a questa ricostruzione, l’unione si sciolse nel 1624, probabilmente perché Giovanna aveva fatto un voto di castità che rese incompatibile la convivenza. I registri veneziani menzionerebbero addirittura un’indagine voluta dal padre di Garzoni, convinto che Tinelli praticasse arti magiche e che avesse stregato la figlia.

Mi colpisce come, in un’epoca in cui per molte donne il matrimonio segnava la fine di ogni libertà, Giovanna sia invece riuscita a continuare il proprio percorso artistico.

Attività artistica e prime tappe

Nel 1625 Garzoni è di nuovo a Venezia, dove realizzò un “Ritratto di gentiluomo” oggi nella Collezione della regina d’Olanda all’Aia.

Nel 1630 si trovava a Napoli al servizio del viceré spagnolo Fernando Afán de Ribera, duca di Alcalá. Prima di giungere nella città partenopea, fece una breve tappa a Roma, entrando in contatto con Cassiano dal Pozzo e l’Accademia dei Lincei. In una lettera a Cassiano del 19 aprile 1631, scritta da Napoli, dichiarava di voler “vivere e morire a Roma”.

Tuttavia, nel 1632 fu chiamata a Torino dalla duchessa Cristina di Francia, mentre l’anno seguente il suo nome compare in un elenco dell’Accademia di San Luca, un fatto che indica la stima di cui godeva. In quell’epoca, le donne venivano ammesse come membri d’onore, con privilegi ma senza partecipare attivamente alle attività didattiche riservate agli uomini. Approfondisci qui l’accettazione delle donne nelle Accademie.

Riconoscimenti e lascito

Verso la fine del 1637, Garzoni lasciò Torino e si recò in Inghilterra e Francia, per poi approdare nel 1642 a Firenze, dove lavorò per i Granduchi di Toscana. A Palazzo Pitti sono conservate molte sue composizioni, spesso nature morte con frutti, fiori e animali, talvolta attribuite erroneamente ad altri artisti come Jacopo Ligozzi.

Solo nel 1964 Mina Gregori ha ricondotto con certezza numerose opere alla mano di Garzoni, riconoscendo le sue linee di contorno leggere, i tratti paralleli e le puntinature in ombra.

A partire dal 1651, l’artista si stabilì in modo più duraturo a Roma, consolidando il legame con l’Accademia di San Luca, dove donò il proprio archivio personale e alcuni album.

Morì nel febbraio 1670 e lasciò una somma per erigere un monumento funebre nella chiesa dei Santi Luca e Martina, nei pressi della casa che aveva fatto costruire addossata alle mura dell’edificio.

Che cosa mi colpisce di Giovanna Garzoni

Mi affascinano i suoi numerosi spostamenti, dalla natìa Ascoli a Venezia, poi Firenze, Napoli, Torino, l’Inghilterra, la Francia e infine Roma. Trovo che questa vita nomade rifletta la determinazione a imparare, a ricominciare e a mettersi in gioco in diversi contesti.

Mi colpisce anche la vicenda del suo matrimonio: penso spesso che, per le donne, potersi dedicare all’arte fosse questione di circostanze fortunate e di forza personale nel sottrarsi a ruoli imposti. Ringrazio lei, e tante altre donne, per aver trovato il modo di affermarsi contro i limiti dell’epoca. Sogno di saper dipingere con la sua pazienza e la sua precisione.

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Immagine di copertina: Natura morta con cesto di limoni (1640). Tempera su Pergamena. Getty Museum, Pacific Palisades, Los Angeles – pubblico dominio

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