Il Duomo di Modena ha una facciata a salienti, e se guardiamo solo la facciata vediamo che già questa chiarisce quali sono gli spazi interni, tanto è vero che i contrafforti individuano la navata centrale, e anche lateralmente la chiesa è contraffortata.
Osserviamo che i contrafforti rilevati a spigolo vivo legano la base della chiesa fino al coronamento e spartiscono la facciata in 3 elementi.
Osserviamo che le alte arcate strette sorrette da semi colonne scandiscono quello che è l’andamento orizzontale della chiesa, e soprattutto della loggetta cieca, anche questa a ritmo ternario, rispondente alle trifore che nell’interno si aprono nel matroneo.
Questo elemento decorativo percorre anche i lati della chiesa.
Lungo il fianco e l’abside questo motivo a semi colonne e a trifore cieche prosegue a dà a tutto l’edificio una medesima modellazione plastica.
Sono rimaneggiamenti successivi il protiro e il rosone.
Nella facciata sono incastonati i preziosi rilievi creati da Wiligelmo, di qui parliamo in questo articolo.
All’interno le tre navate sono segnate da archi a doppia profilatura e sorretti alternativamente da forti pilastri polistili (con quattro colonne addossate) in laterizio, più classiche colonne in marmo.
In origine la copertura era lignea, a capriate, le volte che vediamo oggi furono costruite intorno alla metà del ‘200, laddove la chiesa invece venne costruita nel 1090 da Lanfranco, aiutato dalla scultore Wiligelmo. Poi vennero restaurate nel ‘400.
Quindi dobbiamo dire che la forte strutturazione della chiesa è dovuta tanto a una questione di pesi, tecnica, quanto rispondente a scelte di tipo estetico.
Questo perché le pesanti murature devono sostenere le volte in muratura, ma qui le volte in muratura non ci sono, quindi la struttura ha una funzione estetica.
Vengono creati questi enormi pilastri che però sostengono un peso modesto, con il tetto a capriata, quindi la struttura è una scelta estetica.
Osserviamo che Lanfranco è già un architetto che appartiene alla seconda generazione di architetti romanici, il quale antepone una interpretazione estetica ad una funzionale.
Questo giudizio viene confermato anche da altri elementi, ad esempio se osserviamo le campate, in cui è suddivisa la chiesa, osserviamo che lo spazio delle singole compate, illuminando le volte, ha un valore pari a due cubi sovrapposti.
Nelle navate laterali il matroneo manca del pavimento, quindi non è uno spazio agibile, di conseguenza le arcate sovrastanti hanno l’esclusivo ruolo di spartire gli spazi.
Concludendo la complessità di questo edificio nasce da una cultura molto vasta e raffinata che vuole ricondurre i motivi costruttivi all’interno di una misura classica.
Osserviamo che nel territorio emiliano vengono elevate molte chiese ed abazie, come quella di Nonantola, che ripetono le caratteristiche essenziali di questa chiesa e anche il Duomo di Parma, il quale è ritmato da arcatelle su tutta la facciata, è dominato da una cupola che domina tutto l’edificio.