Il foro di Traiano a Roman è sede di un grandioso intervento in epoca romana. Il Foro di Traiano era posto tra il vecchio e il nuovo luogo della vita romana antica: i vecchi Fori e il campo Marzio.
Foro di Traiano: pianta e sistemazione
L’accesso alla piazza del Foro traiano era assicurata attraverso un passaggio ad arco. Al centro del Foro vi era una statua equestre in bronzo dell’Imperatore Traiano mentre ai lati del foto vi erano grandi portici e due grandi esedre semicircolari.
Sul fondo del Foro, sopraelevata di alcuni gradini, vi era la Basilica Ulpia con due grandi esedre o emicicli nei lati corti, come quelle del Foro.
Oltre la Basilica, confinanti con essa, vi erano due biblioteche, una in lingua latina e l’altra in lingue greca. Al centro era collocata la colonna Traiana.
La colonna Traiana era un monumento funerario che si alzava per 40 m, tutta decorata con un fregio che corre a spirale, una sorta di papiro che si avvolge attorno alla colonna, nel quale si narrano le due guerre di Traiano contro i Daci, e in cima vi era una statua di Traiano.
In fondo, sul lato opposto alla Basilica, vi era il grande tempio dedicato all’Imperatore, il quale è divenuto divo (= figlio della divinità), tempio che probabilmente fu eretto sotto Adriano ma iniziato sotto Traiano.
Tutto il complesso è organizzato per esaltare la figura di Traiano e le sue vittorie e si presenta in maniera estremamente sfarzosa.
Oltre alla statua in bronzo e marmo ornavano la Basilica, costruita con marmi di Lumi e del Pentelico, granito grigio, giallo antico, pavonazzetto.
Sono tutti marmi che provengono dalle cave di tutto il Mediterraneo e di grande valore.
La copertura della Basilica era costruita con tegole di bronzo dorato.
Quest’opera grandiosa venne ideata da Apollodoro di Damasco che pare essere stato l’autore delle due statue di Traiano.
La colonna Traiana
Realizzata nel 113 d.C. la colonna Traiana era eratta su di una grande base alta più di 5 m, la sua altezza corrispondeva a 100 piedi romani, per questo è detta anche colonna centenaria.
E’ composta da 17 enormi rocchi e poi vi era un capitello dorico e sopra di questo una base reggeva la statua di Traiano, che è andata perduta e verso la fine del ‘500 fu sostituita con un’immagine di San Pietro.
Alla morte di Traiano nel 117, la stanza alla base della colonna venne usata per raccogliere le ceneri dell’imperatore.
Un grande fregio a spirale che compie 23 giri intorno alla colonna per una lunghezza di 200 m, secondo uno schema che non sembra avere precedenti e appare originale.
E’ ipotizzabile che l’opera sia stata eseguita da un gruppo di artisti sotto la sovrintendenza di un mastro di cui non conosciamo il nome.
L’idea che sovrintende al fregio è quella di un Volumen, un rotolo di papiro che si finge venga interamente srotolato e arrotolato attorno alla colonna.
pare che ci fosse l’usanza di ricoprire con stoffe probabilmente dipinte le colonne di santuari e di tombe e che l’artista abbia ripreso il tema di questo rotolo.
Le due vicende narrate sono le due battaglie di Traiano contro i Daci, una del 101-102, l’altra del 105-107.
La narrazione procede senza pause in un racconto fatto di avvenimenti serrato nel tempo, con una minuzia di particolari, con descrizioni minuziose di abiti di guerra, di macchine usate, con un realismo tipico della cultura romana.
Il fregio è sottile, fatto non per alterare l’architettura della colonna e nel quale è impostato un chiaroscuro molto evidente che sarà un carattere visivo della scultura romana del III secolo.
Gli sconfitti sono osservati con grande rispetto evidenziandone il valore e la grande capacità di reazione.
Da tutto il racconto spicca la personalità di Traiano, le cui virtù vengono sempre esaltate.
Di fronte a lui il re vinto, Decebalo è ugualmente rappresentato con grande dignità, forza e doti di strategia.
All’interno di questa colonna vengono fondendosi due diverse tendenze artistiche: quella colta e quella provinciale, che sono sempre ugualmente presenti nell’arte romana, non a caso perché Traiano è provinciale, arriva dalla Spagna.
Anfiteatro Flavio o Colosseo
L’età Flavia, che va dalla fine del I secolo all’inizio del II secolo evidenzia già una piena maturazione dell’arte romana o meglio nel gusto dell’arte romana.
L’età flavia rappresenta una piena espansione del gusto romano.
In questo periodo i romani raggiungono un loro gusto autonomo indipendente dagli etruschi e greci, e si manifesta in architettura attraverso la conquista di grandi spazi articolati, che si sviluppano attraverso la linea curva.
Questo succede perché iniziano ad adoperare la tecnica dell’opus caementicium, che dà la possibilità ai romani di articolare grandi masse curvilinee che vengono spesso coperte con volte a crociera.
Sono queste due tecniche che permettono l’elevazione di un’opera imponente come l’anfiteatro Flavio, comunemente conosciuto come Colosseo, iniziato da Vespasiano e terminato da Titolo intorno all’80 a.C.
L’edificio è grandioso. La forma del Colosseo è leggermente ellittica e come in generale sempre è evidente nell’architettura romana si distingue l’elemento dell’architettura dalla decorazione.
La struttura del Colosseo è attinente alla tecnica di edificazione, la decorazione viene articolandosi in una successione di ordini delle semicolonne che, addossate alla struttura servono visivamente ad alleggerire la massa dell’edificio, un alleggerimento visivo.
Vediamo che gli ordini sono articolati utilizzando prima l’ordine tuscanico, il più pesante, poi lo ionico e il corinzio.
Poi abbiamo un ultimo elemento che serviva per i posti in piedi, era costruito un elemento dove erano posti elementi che permettevano di tirare un enorme tendone che ricopriva l’intero tetto, per ripararlo dal sole.
Questo grandi anfiteatri di epoca romana erano strutture molto articolate che permettevano anche naumachie, cioè battaglie navali, veniva riempito d’acqua il fondo del teatro.
Arco di Tito
Le stesse qualità architettoniche del Colosseo possiamo intravvederle anche nell’Arco di Tito, eretto in onore dell’Imperatore Tito della dinastia Flavia, che muore nel 81 d.C.
Osserviamo il rapporto esistente tra la volta a botte dell’arco e la plasticità dei sostegni.
Osserviamo l’uso delle colonne corinzie che sono scanalate all’interno e lisce all’esterno.
L’arco è impostato su di un alto crepidoma, su cui sono messe le colonne e osserviamo che vi sono molte cornici aggettanti, che servono per creare colore nell’opera, accentuando il chiaroscuro.
L’arco poi è arricchito con rilievi nella parte interna che illustrano il trionfo per la conquista di Gerusalemme.
Nella lastra con il Trasporto del bottino del Tempio di Gerusalemme osserviamo che lo spazio è analizzato in maniera illusionistica, con questa parola intendiamo una illusione a livello spaziale.
Osserviamo che c’è un senso illusionistico dello spazio che è favorito dalla disposizione delle figure sistemate in più piani e dall’utilizzo del chiaroscuro.
Il rilievo che è pochissimo levigato, accentua quell’elemento coloristico osservato nel Colosseo, che si conclude con un alto piano attico.